In occasione del keynote di apertura della GTC, NVIDIA aveva annunciato le nuove schede video RTX 4090 e RTX 4080, basate sulla nuova architettura Ada Lovelace, in uscita il prossimo 12 ottobre. Il chip AD102 completo conta 76 miliardi di transistor e oltre 18.000 CUDA core, il 70% in più rispetto ad Ampere; NVIDIA l’ha abbinata a memorie GDDR6X prodotte da Micron, esattamente come accaduto con la passata generazione.
Le nuove RTX 40 sono dotate di nuove feature, come DLSS 3, nuova iterazione della popolare tecnologia di ricostruzione dell’immagine tramite AI che è ora in grado di generare interi fotogrammi sfruttando quello che NVIDIA chiama “acceleratore di flusso ottico Ada” e garantisce una velocità di gioco ancora maggiore.
Abbiamo anche nuovi multiprocessori di streaming che permettono di raggiungere una potenza di shader fino a 83 TFLOPS, RT core di terza generazione e Tensor core di quarta generazione, che garantiscono rispettivamente prestazioni 2,8 e 5 volte superiori rispetto alla famiglia RTX 3000. Per il momento, non ci resta altro che attendere ancora qualche settimana per mettere alla prova le nuove proposte NVIDIA.
RTX 4090 sarà equipaggiata con la GPU AD102 con 16.384 CUDA core e 24GB di memoria GDDR6X, risultando fino a 4 volte più veloce della RTX 3090 Ti quando entra il gioco il DLSS, grazie ai benefici apportati dal DLSS 3.0. Il TDP è di 450W, lo stesso della RTX 3090 Ti; per ora quindi niente GPU da 600 watt, ma non è da escludere che alcune versioni personalizzate particolarmente estreme, o una eventuale RTX 4090 Ti, possano raggiungere un TDP simile. Il prezzo della RTX 4090 Founders Edition sarà di 1.979€, ma, a quanto pare, per mettere le mani sui modelli custom dovremmo mettere mani al portafogli e sborsare cifre fino a 2.549€.
Rispetto alla scheda video più potente della passata generazione, la RTX 3090 Ti, la RTX 4080 ha totalizzato un incremento del 32%, che sale come detto al 62% nel caso della RTX 3080 da 10 GB e al 57% nel caso della RTX 3080 da 12 GB.
Come saprete, la NVIDIA RTX 4080 sarà disponibile nei negozi durante il mese di novembre 2022, con prezzi che vanno da 1.099€ per la versione con 12 GB di memoria a 1.469€ per la versione con 16 GB di memoria.
L’AMD Radeon RX 7000 dovrebbe essere annunciata il 3 novembre con l’architettura RDNA 3 che evolverà con il processo a 5 nm di TSMC. AMD sta evidenziando l’efficienza dei suoi prodotti di nuova generazione e, come il Ryzen 7000, garantisce più prestazioni per watt rispetto alla linea precedente.
INTEl 13th
Dopo aver introdotto lo scorso anno la prima architettura ibrida x86, Intel rilancia con la nuova generazione di CPU Core di 13a generazione, nome in codice "Raptor Lake". I nuovi processori desktop, appartenenti alla serie "S" della gamma Core, si possono installare nelle motherboard della serie 600 previo aggiornamento del BIOS, ma sul mercato arriveranno anche le schede madri con chipset della serie 700, a partire dallo Z790. La gamma prevede CPU con un Processor Base Power (PBP) di 35, 65 e 125 Watt, ma per questo debutto vedremo solo i modelli più spinti, seguiti nei prossimi mesi dalle soluzioni di fascia media e bassa. Inoltre, Raptor Lake arriverà anche in ambito mobile all'interno delle serie U, P, H e HX con differenti livelli di consumo e prestazioni. Raptor Lake, i passi avanti rispetto ad Alder Lake Nel suo approccio a Raptor Lake, Intel ha lavorato su tre direttrici per migliorare le prestazioni delle CPU rispetto alla 12a generazione Alder Lake: aumento della frequenza di clock massima dei P-core, raddoppio del numero degli E-core e un quantitativo di cache L2 per core (P-core) e cluster (E-core) superiore rispetto ad Alder Lake. Secondo l'azienda statunitense, in questo modo è riuscita ad aumentare le performance fino al 15% in single-thread e fino al 41% in multi-thread, confrontando i rispettivi top di gamma delle due generazioni. In questi dati gioca un ruolo fondamentale l'aumento della frequenza del clock, oltre ai core per quanto concerne l'ambito multi-thread. Ci sono anche altri aspetti di cui tenere conto, il primo dei quali è il processo produttivo. La tecnologia Intel 7 è stato aggiornata e si avvale della terza generazione dei transistor SuperFin con una maggiore mobilità del canale. Il processo migliora a tal punto che un ingegnere, come ha confidato Daniel Rogers (Sr Director, Mobile Product Marketing), l'ha ribattezzato "Intel 7 Ultra", tanto che la società avrebbe potuto chiamarlo Intel 6. Raptor Lake integra inoltre un P-core rinnovato, ribattezzato Raptor Cove, caratterizzato da speed path migliorati e ha messo a punto un algoritmo di prefetching dinamico L2P che migliora la gestione dei contenuti nella cache L2 in base al carico di lavoro. Tanto la cache L2 quanto quella L3 introducono una nuova policy dinamica chiamata INI (inclusive / non inclusive). "Inclusive" significa che i dati della cache L2 sono tutti all'interno della L3 per ottimizzare le prestazioni single-thread, mentre nel caso "Non Inclusive" solo alcuni dati selezionati della L2 vengono copiati nella L3 per ottimizzare le prestazioni multi-thread. Usando i dati telemetrici e algoritmi di machine learning, la cache L3 di Raptor Lake è in grado di regolare dinamicamente la "cache policy", massimizzando le prestazioni della cache per tutti i carichi. Per quanto riguarda gli E-core di Raptor Lake, Rogers dichiara che hanno raggiunto IPC e frequenza simili ai core delle CPU Skylake a 14 nm (da cui hanno origine i core Gracemont), ma con consumi considerevolmente inferiori. Un miglioramento del prefetch permette inoltre prestazioni del 7% migliori con carichi multi-core. Inoltre, c'è anche l'ambito software, che non va tralasciato perché bisogna tenere in considerazione che ci troviamo di fronte alla seconda generazione dell'architettura ibrida di Intel e quindi con grande potenziale di sviluppo: il Thread Director è stato migliorato con tecniche di machine learning. Inoltre, l'ultima versione di Windows 11, nota come 22H2 o 2022 Update, è stata ottimizzata per gestire in modo più efficace i servizi in background. Intel ha anticipato l'arrivo sulle CPU mobile di una nuova tecnica di core parking chiamata Dynamic Tuning Tecnology. A questo si aggiunge un rinnovato controller di memoria in grado di supportare di base le memorie DDR5-5600 (Alder Lake si ferma a DDR5-4800), oltre alle solite DDR4-3200. Per l'esattezza, il controller di Raptor Lake supporta memorie DDR5 a 5600 MT/s in configurazione 1 DPC (1 DIMM per canale) oppure a 4400 MT/s in 2 DPC (due DIMM per canale), un progresso rispetto ai valori di 4800 e 4000 MT/s di Alder Lake. Non ci sono invece novità per le SKU con la grafica integrata, la GPU rimane la HD Graphics 770, seppur capace di salire maggiormente di clock. I modelli al debutto: Core i9-13900K al vertice I nuovi Core di 13a generazione arrivano inizialmente sul mercato nei modelli Core i9-13900K, Core i7-13700K e Core i5-13600K. A queste soluzioni con moltiplicatore sbloccato si aggiungono le relative varianti KF, prive cioè di iGPU abilitata. Per quanto concerne il top di gamma, il raddoppio degli E-core fa sì che il Core i9-13900K metta a disposizione ben 24 core e 32 thread, grazie a 8 P-core con Hyper-Threading e 16 E-core. Il 12900K, con 8 P-core e 8 E-core, si ferma invece a 16 core e 24 thread. L'architettura Raptor Lake prevede un incremento della cache L2 rispetto ai Core 12000. Per quanto concerne i P-core, si sale da 1,25 a 2 MB, mentre nel caso dei cluster di E-core (4 core ciascuno) si arriva a toccare i 4 MB contro i 2 MB precedenti. Ne consegue che nella migliore implementazione si può contare su 32 MB di cache L2 contro i 14 MB del 12900K. La cache L3 massima, invece, sale a 36 MB rispetto ai 30 MB precedenti per effetto dei due cluster di E-core in più (3 MB ciascuno). Passando alla frequenza, i P-core del Core i9-13900K sono impostati a un base clock di 3 GHz, ma grazie ai vari algoritmi Turbo Boost (e ammesso e non concesso che il raffreddamento e l'alimentazione lo consentano) si possono spingere fino a 5,8 GHz. Gli E-core, invece, saranno accompagnati da un base clock di 2,2 GHz e un Turbo Boost di 4,3 GHz. Il 12900K, lo ricordiamo, vede i P-core con un base clock di 3,2 GHz ma può accelerare fino a 5,2 GHz. Gli E-core, invece, operano a 2,4 GHz (base) e si spingono fino a 3,9 GHz (boost). Le nuove vette di frequenza toccate dal Core i9-13900K, unitamente ai core in più, hanno imposto a Intel di aumentare il Maximum Turbo Power (MTP) a 253W rispetto ai 241W del 12900K. Secondo Intel, la nuova CPU è decisamente più efficiente della precedente, ed è in grado di offrire prestazioni simili al predecessore con consumi pari a un quarto (25%). Il Core i9-13900K ha un die che copre un'area di 23,8 x 10,8 mm e di conseguenza un'area di 257 mm2. Il predecessore 12900K misura 20,4 x 10,2 mm, ed è più piccolo di quasi 50 mm2 con un valore di 208 mm2. Rocket Lake, il die dei Core 11000, era ancora più grande con 24 x 11,7 mm e un'area di 280 mm2. Va tuttavia ricordato che il Core i9-11900K era prodotto con un processo a 14 nm altamente ottimizzato, mentre Intel si avvale di una tecnologia produttiva ben più avanzata per Alder Lake e Raptor Lake Il Core i7-13700K è il secondo processore di punta della serie e rispetto al precedente 12700K mette a disposizione 4 core e 4 thread in più, salendo a 16 core e 24 thread in totale rispetto ai precedenti 12 core e 20 thread. Per effetto di tali modifiche, il Core i7-13700K integra 30 MB di cache L3 e 24 MB di cache L2. Il clock dei P-core su questo modello è indicato in 3,4 GHz di base per raggiungere, con il Turbo Boost massimo e nelle migliori condizioni operative, un clock fino a 5,4 GHz. Quello degli E-core, invece, è di base 2,5 GHz mentre in boost tocca 4,2 GHz. Il Core i7-12700K, per confronto, parte da 3,6 GHz e si spinge fino a 5 GHz nel caso dei P-core, mentre nel caso degli E-core i clock sono rispettivamente 2,7 / 3,8 GHz. Interessante (in negativo) il valore del Maximum Turbo Power, che passa dai 190W del 12700K ai 253W del Core i7-13700K. Proseguiamo la disamina con il Core i5-13600K, processore con 14 core (6 P-core e 8 E-core) e 20 thread, a cui si affiancano 24 MB di cache L3 e 20 MB di cache L2. Il Core i5-12600K ha lo stesso numero di P-core ma 4 E-core in meno, oltre ovviamente a meno cache L2 e L3. I P-core su questo modello sono impostati di base a 3,5 GHz e possono spingersi fino a un massimo di 5,1 GHz, mentre gli E-core operano di base a 2,6 GHz e arrivano a 3,9 GHz in Turbo Boost. Nel caso del 12600K, il clock dei P-core è 3,7 / 4,9 GHz, mentre gli E-core operano a 2,8 / 3,6 GHz. Il Maximum Turbo Power sale dai 150W del 12600K ai 181W del 13600K. Osservando i numeri, si può notare come Intel abbia ridotto di 200 MHz il base clock di P-core ed E-core, ma abbia sparato alto in termini di Turbo Boost, allargando le maglie del TDP. Dulcis in fundo, possiamo anticipare che ci sarà un Core i9-13900KS, anche se Intel non lo ha ufficializzato o chiamato con questo nome: la società ha parlato di un chip capace di toccare i 6 GHz come massima frequenza di boost. Come abbiamo accennato, Intel dichiara miglioramenti prestazionali fino al 15% in single-thread e fino al 41% in multi-thread, ma come si declinano questi valori nei diversi ambiti? Nel gaming, ad esempio, Intel indica per il Core i9-13900K prestazioni fino al 24% superiori al 12900K. Nella batteria di test mostrata si va dal 6% in WoW Shadowlands al +58% in Marvel's Spider-Man Remastered rispetto al 5950X di AMD. Si può notare, invece, come il passo avanti rispetto al Ryzen 7 5800X3D non sia così pronunciato: il processore AMD con 3D V-Cache, nella nostra recensione, si è dimostrato un vero "top" nei giochi. Intel, in un altro grafico, sottolinea la costanza del frame rate rispetto al processore top di gamma AMD della generazione precedente. Quanto alle prestazioni nella creazione di contenuti, il raddoppio degli E-core sembra portare benefici ancora più marcati: nei test diffusi si parla di un progresso dal 30% fino a quasi il 70% rispetto all'ex top di gamma di AMD. Chipset Z790, cosa cambia rispetto allo Z690? Rispetto allo Z690, Intel ha deciso di ridurre le linee PCIe 3.0 da un massimo di 16 a 8, per incrementare le linee PCIe 4.0 da un massimo di 12 a 20. A queste linee se ne aggiungono 4 dalla CPU, un numero che rimane invariato. Stessa cosa per il PCIe 5.0, gestito dalle CPU con un massimo di 16 linee divisibili in configurazione x8-x8 per supportare gli SSD M.2 PCIe 5.0 di nuova generazione. Intel, infine, porta il supporto alle USB 3.2 Gen 2x2 (20 Gbps) da un massimo di quattro a cinque porte. Disponibilità Core 13000 e motherboard Z790 I processori Intel Core di 13a generazione della serie K e le motherboard basate su chipset Intel Z790 saranno disponibili a partire dal 20 ottobre in tutto il mondo. Per questo lancio Intel ha assicurato un'ampia disponibilità di CPU, superiore persino al debutto di Alder Lake l'anno passato.
AMD 7000
L'anno scorso definimmo il progetto Zen 3 alla base dei processori Ryzen 5000 desktop come "l'architettura della maturità", perché andava a colmare il deficit che le CPU AMD avevano rispetto alle controparti Intel nelle prestazioni single-thread.
Con Zen 3, fondamentalmente, AMD chiuse un'annosa rincorsa a Intel iniziata nel 2017 con la prima architettura Zen. In questo articolo andremo ad approfondire le novità di Zen 4, il cuore dei Ryzen 7000, ma senza dubbio possiamo anticipare il giudizio finale: Zen 4 è "l'architettura della stabilità" perché cresce e si evolve su Zen 3. La stabilità è sempre un elemento positivo? Non si può dire a priori e, se avete letto il nostro test delle prime CPU Ryzen 7000, forse vi sarete fatti la vostra opinione, le nostre le trovate alla fine di questo articolo.
Prima di entrare nel merito, facciamo un breve excursus sulla roadmap di AMD per quanto concerne le architetture di calcolo x86. Dopo Zen 3, di cui abbiamo visto anche una variante con 3D V-Cache a bordo, a partire da Zen 4 la roadmap di AMD si articola su tre progetti.
Zen 4 è l'architettura dei Ryzen 7000 annunciati oggi e di cui potete vedere i test dei modelli Ryzen 7 7700X e Ryzen 9 7950X. La vedremo anche a bordo delle CPU server con gli EPYC (Genoa). In futuro, inoltre, arriveranno CPU basate su core Zen 4 con 3D V-Cache e soluzioni basate su core Zen 4C per il mondo del cloud computing. Per questa generazione, AMD ha intenzione di avvalersi dei processi produttivi a 5 e 4 nanometri di TSMC.
La strategia basata su tre varianti di Zen verrà riproposta anche in futuro con Zen 5, Zen 5 con V-cache e Zen 5C. Le informazioni sono ancora limitate, ma Zen 5 è stata declamata da AMD come un'architettura totalmente nuova, un progetto che andrà oltre il semplice miglioramento incrementale di Zen 4. Aspettiamoci quindi una maggiore scalabilità, con passi avanti per quanto riguarda le prestazioni e l'efficienza energetica.
L'azienda parla di aumento delle issue width - il numero massimo di istruzioni di cui l'architettura può iniziare l'esecuzione nello stesso ciclo - e un rinnovato front-end. Parallelamente, AMD continuerà a espandere le capacità dell'architettura sul fronte dell'IA e del machine learning, probabilmente aggiungendo il supporto a nuovi formati di dati.
Per quanto riguarda i processi produttivi, AMD punterà su 4 e 3 nanometri per realizzare il Compute Die delle CPU in arrivo (i nomi in codice per ogni segmento li vedete nelle slide).
Architettura Zen, le principali novità da Zen 1 a Zen 4
L'architettura Zen introdotta nel 2017 è stata il punto di svolta per AMD nel settore desktop e non solo. Da lì la rincorsa a Intel si è fatta sempre più efficace fino ad arrivare al punto in cui oggi, per certi versi, è Intel a dover riassestarsi e inseguire. Con Zen 1 e Zen+, prodotti a 14 e 12 nanometri, AMD portava sul mercato delle CPU desktop consumer fino a 8 core dal rapporto prezzo-prestazioni competitivo, figlio di un incremento dell'IPC del 52% rispetto all'architettura Excavator di precedente generazione.
Il passaggio a Zen 2 vide cambiamenti decisamente più marcati nel progetto dei Ryzen, perché a fronte di un progresso dell'IPC del 15%, AMD passò al progetto basato su chiplet che tutt'oggi ritroviamo nei Ryzen 7000. Zen 2 portava per la prima volta la famiglia Ryzen a toccare i 16 core, anche per effetto del salto al processo produttivo a 7 nanometri. Parallelamente saliva anche la frequenza di boost, arrivando a un massimo di 4,7 GHz.
Con Zen 3 AMD face il passo avanti che le serviva sul fronte dell'IPC (+19% su Zen 2) e, mantenendo il progetto a chiplet, passò a un core complex a 8 core con 32 MB di cache L3 condivisi. Mantenendo il processo produttivo a 7 nm, l'azienda riuscì a spingere la massima frequenza di boost a 4,9 GHz, avvicinandosi ai 5 GHz.
Arriviamo ai giorni nostri con Zen 4, i cui tratti distintivi sono ben riassunti dalla slide che vedete sopra. L'IPC compie un passo avanti del 13% di media rispetto a Zen 3, la cache L2 per core sale a 1 MB e c'è il passaggio ai 5 nanometri, processo che permette al top di gamma della serie di arrivare a 5,7 GHz come massima frequenza di boost, ben 800 MHz in più rispetto al portabandiera della serie 5000.
Da sottolineare che le CPU Zen 4 sono le prime soluzioni Ryzen progettate esclusivamente per il mondo desktop (non contiamo le APU riadattate dal segmento mobile) a prevedere una GPU integrata. Basata su architettura RDNA 2, questa GPU integrata non si trova nel Compute Die del processore bensì nell'I/O Die a 6 nanometri. Ne parleremo più avanti, ora bando alle ciance: cosa permette all'IPC di salire? Cosa ha cambiato AMD all'interno dell'architettura rispetto a Zen 3? Entriamo nei dettagli.
Zen 4: prestazioni ed efficienza in cima ai pensieri di AMD
Il team di ingegneri di AMD che ha disegnato all'architettura Zen 4 ha lavorato seguendo tre direttrici volte a garantire un rapporto prestazioni-consumi migliore rispetto a Zen 3. Incremento dell'IPC su valori "a doppia cifra", insieme all'incremento delle frequenze operative, sono stati i principali veicoli del miglioramento prestazionale. Non solo, particolare focus è andato verso la latenza, ed è per questo che AMD ha raddoppiato la cache L2 per core e lavorato per migliorare l'efficacia della stessa.
Infine, per migliorare il profilo dei consumi, AMD non si è solo affidata a processi produttivi più avanzati, ma ha anche lavorato per ridurre il consumo dinamico delle CPU. Passando all'analisi del core Zen 4, AMD è intervenuta anzitutto sul front end, migliorando la branch prediction.
L'unità di branch prediction è un po' un "indovino": si occupa infatti di prevedere l'esito di un'operazione su cui si basa l'accettazione di una istruzione di salto condizionato. Ciò significa che il processore fa "un atto di fede" sulla direzione che prenderà una diramazione prima di conoscere il percorso corretto e la calcola in modo speculativo, anticipatamente. Se ci prende, la CPU non spreca cicli di clock e quindi svolge le operazioni con efficienza; se invece l'ipotesi si rivela errata, le istruzioni eseguite vengono scartate e si "rimbocca" il ramo (branch) corretto, il che porta a un ritardo e quindi a minori prestazioni.
Il front-end della CPU ha il compito di recuperare le istruzioni dalla memoria, decodificarle e metterle a disposizione delle unità di calcolo. Il suo compito è quindi quello di fornire un numero di µOP tale da tenere impegnato il back-end. Assicurarsi che quest'ultimo sia costantemente indaffarato è cruciale per permettere all'unità di calcolo di offrire le massime prestazioni.
Nel caso di Zen 4, il miglioramento è stato ottenuto mediante l'espansione delle cache L1 e L2 legate al branch target buffer (BTB): nel primo caso del 50% (da 1K a 1,5K entry), nel secondo da 6,5K a 7K entry. AMD afferma che l'unità è ora in grado di predire due "taken branches" per ciclo di clock.
Un salto condizionato può essere infatti "taken" o "not taken". Nel caso di un salto "taken" si salta in una parte differente nella memoria del programma, mentre un salto "not taken" prosegue nell'esecuzione subito dopo il salto condizionale. Predire due taken branches rende il processo di esecuzione più rapido. AMD ha inoltre incrementato la capacità della Op cache del 68% e fatto sì che possa gestire 9 macro-ops per ciclo. Per il resto è stata mantenuta la base di Zen 3.
Per quanto concerne gli engine di calcolo (Execution Engine), ovvero la parte integer e floating point della CPU, Zen 4 presenta una coda di ritiro istruzioni più ampia del 25%, un file di registro integer / floating point maggiore e buffer più profondi lungo tutto il core. Anche questo caso molti aspetti sono del tutto identici a Zen 3.
La parte di load/store è stata migliorata con una coda del 22% più ampia per le istruzioni load, si è lavorato per eliminare conflitti nelle porte della cache dati, ed è stato implementata una cache L2 il 50% più ampia del DTLB (Data Translation-Lookaside Buffer). Il resto è identico a Zen 3.
A cambiare è senza dubbio la gerarchia della cache, con una cache L2 da 1 MB per core che raddoppia quella in aiuto dei core Zen 3. AMD ha ampliato la capacità di gestire outstanding misses (cosa utile in caso di cache miss) sia dalla cache L2 alla cache L3 per core sia dalla L3 alla memoria.
L'altra novità riguarda il supporto alle istruzioni AVX-512 che serve a implementare le istruzioni VNNI e BFloat16 e accelerare i carichi di intelligenza artificiale. AMD ha implementato le istruzioni AVX-512 su data path a 256 bit, una soluzione che elimina i compromessi termici e di frequenza di altre implementazioni, seppur impatti sulle performance di picco. A ogni modo, secondo AMD, le nuove istruzioni consentono di gestire carichi di inferenza molto più velocemente che con l'architettura Zen 3: si parla di prestazioni multi-core FP32 superiori del 30% e multi-core int8 fino a 2,5 volte più veloci.
Infine, da segnalare un aggiornamento dell'ISA per un miglior supporto della virtualizzazione (X2AVIC e TSC_AUX) e un occhio alla sicurezza con Indirect Branch Restricted Speculation (IBRS) sempre attiva per CLP0 (Current Privilege Level 0).
La GPU integrata nell'I/O die
Tutte le CPU Ryzen 7000 desktop presentate offrono per la prima volta (APU derivate dal settore mobile a parte) la grafica integrata, spesso abbreviata in iGPU. Per la precisione è una GPU RDNA 2 con 2 Compute Unit in grado di lavorare fino a 2,2 GHz. Si tratta di una mossa che non guarda al gaming, anche perché questi processori si rivolgono notoriamente a chi acquista una scheda video dedicata. E allora a cosa serve?
Lo scopo di questa GPU è principalmente quello di assicurare la prima accensione del sistema ed eventuale diagnostica in caso di problemi, ma non solo: AMD punta a soddisfare le necessità dei settori business, CAD e CAM, ambiti che prevedono una CPU potente ma necessitano di elevate prestazioni grafiche.
La iGPU RDNA 2 è interessante perché supporta la decodifica AV1 10bpc/8bpc, VP9 10bpc/8bpc, H.265 10bpc/8bpc e H.264 10bpc/8bpc. Per quanto riguarda la codifica, il chip può gestire H.264 10bpc/8bpc e H.265 10bpc/8bpc.
Quanto alle uscite video, troviamo la compatibilità con HDMI 2.1 con HFR, FRL a 48 Gbps, DSC, HDR10+ e VRR. È persino DisplayPort 2.0 ready con Adaptive Sync, DSC, UHBR10 ed estensioni HDR. Completano il quadro il supporto a USB Type C con DisplayPort Alt Mode, a display fino al 4K a 60 Hz e persino alla grafica ibrida, ovvero al funzionamento insieme alla GPU dedicata.
I/O die a 6 nanometri, fondamentale per DDR5 e PCIe 5.0
Non solo la GPU integrata, che pur è l'aspetto più importante, l'architettura Zen 4 prevede un I/O Die totalmente rinnovato in cui il controller di memoria DDR5 supporta fino a 5200 MT/s con ECC, anche se tramite EXPO le memorie possono funzionare con data transfer ben superiori.
Il processore supporta un totale di 28 linee PCI Express 5.0 (24 accessibili, di cui 16 per la grafica e 8 per gli SSD NVMe), offre la tecnologia di BIOS Flashback via USB per il ripristino del firmware in caso di problemi e integra un'interconnessione Infinity Fabric ottimizzata, che serve per parlare con i Compute Die in modo efficiente e veloce. Al fine di consumare meno, l'I/O Die si affida a metodologie di gestione energetica che AMD ha applicato per la prima volta a bordo dei processori Ryzen 6000 mobile.
Una forte evoluzione in attesa della rivoluzione
Tirando le somme, Zen 4 rappresenta un'importante evoluzione rispetto a quanto offerta da Zen 3, ma allo stesso tempo non ci troviamo davanti a una rivoluzione drastica: questo ci porta a parlare "architettura della stabilità" proprio perché AMD ha cercato di preservare quanto conquistato e migliorarlo ulteriormente.
L'evoluzione è degna di nota perché Zen 4 fa da apripista a una nuova piattaforma (AM5), supporta i nuovi standard PCI Express 5.0 e DDR5, integra una GPU nell'I/O die e le istruzioni AVX-512. Inoltre, riesce a migliorare prestazioni single e multi-core in modo marcato, incrementando l'efficienza.
Le CPU Zen 4 portano quindi sul mercato molta carne al fuoco, e se prestazionalmente parlando evidenziano indubbie qualità, allo stesso tempo mostrano un aumento di consumi e temperature, frutto anche della dell'impennata dei clock decisa da AMD, che sicuramente non fa gioire nessuno.
Certo, le cose vanno sempre messe in prospettiva con la concorrenza, quindi con le soluzioni di Intel.
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